ISTITUITA nel 2008, ecco l’intervento del dottor Stefano Ojetti, presidente di Ascoli e segretario nazionale dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (Amci)
di Stefano Ojetti
(presidente di Ascoli e segretario nazionale dell’Associazione Medici Cattolici Italiani)
Si celebra oggi, 29 febbraio, la Giornata mondiale delle malattie rare che, oltre a colpire chi ne soffre, investe anche i familiari che, nella maggior parte dei casi, devono ridurre la loro capacità lavorativa per seguire al meglio il loro congiunto ammalato.
Ad oggi, nel mondo, il numero di malattie rare per le quali non esiste una cura è stimato intorno alle 7.000 circa; è altrettanto vero, nondimeno, che i malati affetti da tali patologie non possono rimanere esclusi dai progressi della scienza e della terapia in quanto possiedono gli stessi diritti sanitari di tutti gli altri malati.
Riguardando tali condizioni morbose un trascurabile numero di pazienti, scarse, purtroppo, sono le risorse che vengono destinate alla ricerca medico-scientifica essendo tali malattie, in molti casi, prive di terapie specifiche, se non di tipo sintomatico.
Queste patologie vengono definite anche come orfane, così come analogamente orfani sono denominati quei farmaci che, destinati alla loro cura, di fatto non vengono realizzati da parte delle aziende farmaceutiche, perché senza profitto, essendo infatti i ricavi
insufficienti nel recuperare i costi sostenuti per il loro sviluppo.
Una malattia si definisce rara quando il numero di casi presenti su una data popolazione, non supera un limite stabilito. Tale valore in UE è fissato allo 0,05 per cento della popolazione (5 casi su 10.000 persone) con circa 30 milioni di cittadini.
In particolare, in base ai dati forniti dal Registro Nazionale Malattie Rare (Rnmr)
dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), in Italia sono circa 2 i milioni di malati rari, con ventimila nuovi casi segnalati all’anno (1 su 2.000). Da tali dati si evince che, in realtà, queste malattie sono tutt’altro che rare coinvolgendo un non trascurabile novero di persone.
Il numero delle malattie rare riscontrate nel mondo è di circa sette-otto mila, delle quali, 1’80% è di origine genetica e il restante 20% riguarda malattie multifattoriali derivate, oltre che da una predisposizione di genere individuale, anche da motivazioni di tipo ambientale o alimentare, com’anche dall’interazione tra cause genetiche e ambientali.
Il 20% di queste patologie, coinvolge pazienti in età pediatrica (di età inferiore ai 14 anni) e il 30% dei bambini con una malattia rara muore entro il quinto anno di vita. Alcune di queste malattie, di origine genetica, possono manifestarsi in fase prenatale, altre alla nascita (1 caso su 2.000) o durante l’infanzia come malformazioni congenite (45%), malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione o del metabolismo e disturbi immunitari.
Per i pazienti in età adulta, invece, le malattie rare più frequenti appartengono al gruppo delle patologie del sistema nervoso, degli organi di senso (29%), del sangue e degli organi
ematopoietici (18%).
Attraverso la cosiddetta ecologia prenatale, tramite la rimozione o riduzione di alcuni fattori di rischio quali l’inquinamento ambientale – l’assunzione di sostanze tossiche o di taluni farmaci – il ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale, possono essere prevenute determinate patologie che, in caso contrario e in un certo numero di casi, potrebbero svilupparsi con effetti che vanno dalla sterilità alle malformazioni.
Accanto alle malattie rare con diagnosi esistono purtroppo, ancor oggi, anche quelle senza diagnosi (30%); tra queste ultime si distinguono quelle non diagnosticate (ancora senza una precisa diagnosi) e quelle non diagnosticabili (con malattia non ancora descritta e
Arrivare infatti a dare un nome alla malattia è, per chi ne è affetto, già un successo dovendo attendere, nel 25% dei casi, dai 5 ai 30 anni per avere conferma di una diagnosi. Una patologia rara senza nome, infatti, è una condizione morbosa che si verifica in pazienti con molteplici sintomatologie da ascrivere probabilmente a cause genetiche non ancora diagnosticate.
Il non poter classificare la propria malattia costringe infatti, i pazienti e i loro familiari, a vivere nell’angoscia di non sapere da quale patologia si è affetti e quale sarà la qualità e la speranza di vita. Su questa base e per venire incontro a tali problematiche si è stilato, tra le diagnosticabili, un elenco di malattie rare per le quali è riconosciuto il diritto all’esenzione dal costo delle prestazioni di assistenza sanitaria incluse nei Livelli
essenziali di assistenza (Lea).
Ancora, per venire incontro ai bisogni dei pazienti, dei caregiver e del personale sanitario, si è recentemente dedicato alle patologie rare un nuovo Portale, frutto di cooperazione tra
Ministero della salute, Chmr e Iss.
Nonostante queste lodevoli iniziative, purtroppo ancora non è rispettato del tutto l’art. 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure…“.
Molte delle malattie rare infatti oggi sono oltreché non diagnosticabili anche incurabili senza possibilità, pertanto, di poter usufruire di terapie adeguate.
Si creano in tale maniera, in assenza di cure efficaci e di linee guida di riferimento, fasce di pazienti emarginati sia in ambiente scolastico che lavorativo, ricadendo spesso i costi, anche da mancato guadagno, sul nucleo familiare.
In tale ambito le ripercussioni personali oltreché familiari si manifestano, infatti, attraverso la riduzione o sospensione della propria attività lavorativa, sulla difficoltà a svolgere i compiti più semplici – otto pazienti su dieci hanno difficoltà a svolgere elementari incombenze quotidiane – e tali situazioni, in molti casi, oltre alla malattia comportano depressione e conseguente stato di solitudine.
La sfida e l’auspicio sono che in un immediato futuro si possa, in nome del principio dell’equità delle cure, promuovere una ricerca scientifica rispettosa dell’essere umano attraverso congrui finanziamenti, assicurare un’assistenza sanitaria equa, efficace e accessibile tale da poter garantire una “diagnosi certa” anche attraverso l’incremento di screening neonatali e di terapia adeguata, limitare infine i fattori di rischio capaci di determinare malattie rare, molto spesso gravissime, così da eliminare diseguaglianze in
termini di diagnosi e accesso alle cure.