Pubblichiamo il testo completo della sua risposta ad alcuni articoli provocatori pubblicati di recente ed altri documenti del Presidente su questo stesso argomento.
Il diritto alla vita innanzitutto
Certamente fa non poca meraviglia che la società scientifica che comprende e rappresenta la maggior parte dei ginecologi italiani, più che assumere un atteggiamento di equidistanza tra favorevoli e contrari, in occasione dell’ultima pretestuosa polemica, abbia preso una posizione molto netta a difesa della legge 194/78. E ciò per il fatto che quasi sicuramente la maggioranza dei suoi iscritti è compresa nell’oltre il 70 per cento di colleghi che scelgono di obiettare e di conseguenza devono essere considerati in totale disaccordo con essa.
Negli ultimi giorni si sono susseguiti numerosi dichiarazioni, non sempre condivisibili, ma che dimostrano soprattutto quanta confusione ci sia ancora sull’argomento aborto volontario. Ad esempio, è opportuno, per l’ennesima volta, ribadire il concetto che l’interruzione volontaria della gravidanza non è un diritto, ma una possibilità. Sì garantita dalla legge, ma solo quando vi siano delle condizioni particolari, se vogliamo abbastanza restrittive, seppure poi in pratica aggirate con vari stratagemmi. Allo stesso modo è fuori tempo e fuori luogo parlare di ennesimo attacco all’autodeterminazione delle donne se ci fermiamo solo per un attimo a considerare quale sia nella maggior parte dei casi la condizione di chi arriva a chiedere l’aborto, quasi sempre in totale solitudine, dopo aver preso una oltremodo tragica decisione, tutt’altro che facile, comunque traumatica.
Indubbiamente i numeri delle relazioni parlamentari ci dicono che, in oltre quarant’anni, gli aborti volontari sono diminuiti. Ma sappiamo bene che le statistiche lasciano il tempo che trovano. E oggi a quel totale vanno aggiunti gli aborti provocati, forse non sempre, dalle varie “pillole del giorno dopo”, i cosiddetti “aborti nascosti”, in numero di centinaia di migliaia l’anno. È vero che gli aborti clandestini non sono scomparsi, ma non era quello il fine primo della legge quanto piuttosto di limitarne il ricorso, fornendo un’alternativa legale. Né ovviamente l’entità del fenomeno è riscontrabile nei dati ministeriali, in quanto la cifra è solo frutto di presunzione, ma indica in modo significativo che l’aborto era e rimane un problema sociale.
In fondo alla base delle interruzioni così come della denatalità vi sono le stesse cause, quelle che proprio la legge 194/78 invitava a ricercare e a risolvere, ma alle quali, sappiamo bene, non è stato mai possibile trovare rimedio, soprattutto perché è mancata la volontà politica, più della disponibilità economico-finanziaria, per farlo. Non si può però sottacere che, riguardo all’aborto, quello che manca è una maggior disponibilità dei vari soggetti istituzionali coinvolti (psicologici, assistenti sociali e, perché no, anche medici) a venire incontro alle esigenze, privilegiando l’ascolto e non solo rilasciando un facile certificato. Solo allora potremmo legittimamente parlare di orgoglio professionale!
Come ho già detto più volte, in quanto profondamente convinto, la legge 194/78 è da considerarsi di per sé iniqua, oltre ad essere viziata da alcuni inganni. Perché, pur richiamando l’importanza del valore sociale della maternità, nella reale applicazione ha depenalizzato e semplificato l’aborto volontario, portando alla sua accettazione come una pratica del tutto ordinaria. Il costo per le donne va ben oltre l’esperienza in sé ma comprende danni fisici e psicologici che qui non sto a dire. Da professore di fisiopatologia della riproduzione umana e da ricercatore sugli aspetti della procreazione, riaffermo con energia che la questione dell’aborto non è solo una questione di morale cattolica ma anche di morale laica.
Nell’immaginario collettivo l’aborto è ormai percepito come un diritto della donna, ma non possiamo fare a meno di sostenere che in nome di questo diritto si viola il fondamentale diritto alla vita del concepito. Dal primo istante l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il “diritto inviolabile alla vita”. Principio irrinunciabile sia per i cattolici che per i laici!
Roma, 8/6/2021,
Prof. Filippo M. Boscia
Presidente Nazionale Associazione Medici Cattolici Italiani e Presidente Onorario Società Italiana di Bioetica
NB: questa è la risposta del nostro presidente ad alcune affermazioni provocatorie pubblicate di recente sul Quotidiano Sanità e di cui vi forniamo i riferimenti!
RIFERIMENTI
Valeria Dubini (Presidente AGITE Presidente Agite (Associazione ginecologi territoriali)
http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=95968&fr=n
Antonio Panti (“La 194 è un’ottima legge”)
Già Presidente Ordine Medici di Firenze, componente della Commissione Deontologica FNOMCeO
http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=96032
Prof. Antonio Chiantera, Presidente SIGO, Prof. Nicola Colacurci, Presidente AGUI, Dr.ssa Elsa Viora, Presidente AOGOI (“Legge 194. I dati confermano il successo di questa legge. Noi ginecologi orgogliosi per quanto fatto per la cura delle donne”)
http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=96049
ALLEGHIAMO ANCHE LL LINK AD UNA RECENTE INTERVISTA DEL PRESIDENTE BOSCIA SULLO STESSO ARGOMENTO:
https://universitariperlavita.org/2021/06/08/intervista-upv-al-presidente-dellamci-filippo-maria-boscia/?fbclid=IwAR2eefYbzAMrooqoRBsP0iaARbZqg8E4gYWt1cTpHt2M84TZZkm_TSxPbpM
Aborto: Boscia (Amci), “scaturiscono ferite in termini psicologici come ansia, disturbi post traumatici da stress o in alcuni casi gesti di autolesionismo”
24 maggio 2021 – SIR
“La legge è da considerarsi iniqua perché viziata da alcuni inganni”. Lo ha detto Filippo Maria Boscia, presidente della Associazione medici cattolici italiani (Amci), a proposito della legge 194, durante la conferenza stampa organizzata oggi a Roma dalla associazione Pro Vita e Famiglia per presentare il primo rapporto sui costi di applicazione della norma sull’aborto. “Non vengono considerati i costi da sindrome da stress, per un lutto che rappresenta il frutto amaro per una scelta tragica e traumatica che spesso evolve in depressione. I danni per aborto possono essere inseriti in un lungo elenco fra cui la maternità negata”. Secondo l’esperto, già direttore della cattedra di Fisiopatologia della riproduzione umana all’Università di Bari, oltre alle conseguenze fisiologiche dirette o indirette dell’intervento abortivo, “c’è un problema che riguarda soprattutto l’autostima della donna.
Di fronte a ciò c’è da chiedersi come sia stato possibile legalizzare l’aborto con la scusante che la legge non avrebbe comportato dei rischi per la salute della donna. È inevitabile che ne scaturiscano ferite in termini psicologici come ansia, disturbi post traumatici da stress o in alcuni casi gesti di autolesionismo”.