Boscia: Manifesto AMCI su eutanasia e documenti vari

Tra le tante problematiche del “fine vita”, emergono quelle riguardanti la rinuncia/rifiuto alle cure, il suicidio medicalmente assistito e l’eutanasia: questioni controverse e complessi capitoli che riguardano ineludibili aspetti esistenziali di ciascuna persona. Mentre monta nel Paese una cultura eutanasica, nobilitata al contempo da libertà e pietà, un acceso dibattito si apre sulle delicate questioni che riguardano non solo le condizioni di vita debole ma anche tante altre problematiche umane, familiari, culturali, politiche, giuridiche, etico-deontologiche e legislative.

Alcuni iniziano a distinguere tra “vita” e “non vita”, tra “degna” e “non degna”, tra il “morire con dignità” e il “morire senza dignità”, etichettando così con soggettivi e arbitrari giudizi molte condizioni di vita fragile.

Riconosciamo che la richiesta di suicidio assistito o di eutanasia nasce sovente dal rifiuto di continuare a vivere in condizioni di precarietà e grave sofferenza, ma dovremmo essere molto attenti a non accettare con facilità il disumano per pietà, il disumano ragionevole per compassione.

È giusto riconoscere libertà e autodeterminazione a tutte le persone, ma questo riconoscimento non dovrà e non potrà confliggere con la libertà, la deontologia e soprattutto con la coscienza del medico.

Una morte degna è da assicurarsi a tutti: questo è un principio essenziale del curare e questa azione, che ha una valenza oggettiva, non può trovare scorciatoie rispetto a pratiche di sostegno e di accompagnamento dell’ammalato nelle fasi ultime della sua vita.

Crediamo fermamente che non si possa far rientrare tra i doveri professionali e deontologici del medico il suicidio assistito e l’eutanasia. Non sono queste opzioni terapeutiche possibili o praticabili nell’alleanza medico-paziente e nella relazione di cura e di fiducia: il medico si troverebbe in conflitto morale con sé stesso, soprattutto se le sue attività risultassero mere prestazioni tecniche senza valore umano ed etico.

Tutti i medici cattolici rappresentano l’assoluta incompatibilità tra l’agire medico e l’uccidere, perché chi esercita la difficile arte medica non può scegliere di far morire e nemmeno di far vivere ad ogni costo, contro ogni ragionevole logica.

La sofferenza del paziente non può essere eliminata a scapito del bene vita.

Nel processo del morire l’azione del medico deve essere di accompagnamento, di empatia, di umana prossimità, di impegno professionale, certamente sempre rinunciando a terapie sproporzionate o straordinarie, inutili, futili e gravose. I medici cattolici ribadiscono la necessità e l’urgenza di attuare su tutto il territorio nazionale le grandi potenzialità della legge 38/2010 ‘disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla “terapia del dolore” e che ciò va realizzato in modo omogeneo ed universalistico. Sottolineano l’importanza di queste cure e la necessità di mantenere i malati terminali in un percorso esistenziale, sostanziato al massimo da rapporti umani ed affettivi.

Essi hanno l’obbligo di indicare la proporzionalità delle cure avendo attento sguardo sulla storia naturale della malattia. Hanno ancora l’obbligo di condurre adeguate, efficaci, complete terapie del dolore e cure palliative senza escludere apoditticamente le sedazioni palliative profonde e senza mai determinare atti di abbandono, di allontanamento o di assenza di cure. I medici cattolici al fine di evitare qualunque fraintendimento o dubbio ribadiscono la loro stabile e immodificata posizione così come previsto da un’etica valoriale, che ritengono giusta, nel convincimento che sia di grave impedimento per loro, somministrare farmaci con finalità eutanasica o assecondare volontà suicidarie. Ai medici non può essere assegnato il compito di causare o provocare la morte.

Il fine della medicina non corrisponde a questa esigenza ma è fondato indubbiamente sul curare e ristabilire la salute, alleviare il dolore e la sofferenza, assicurare la più alta qualità della vita, soprattutto quando non si può più guarire, ma si può ancora curare. Chi esercita la difficile arte medica, non può scegliere tra il far vivere o il far morire… e il medico in questo non ha alternative: l’unica opzione che può esercitare è, sempre e comunque, per la vita e a favore della vita, perché è la sua coscienza che glielo richiede e la sua professione che lo obbliga a farlo.

L’introduzione della depenalizzazione delle specifiche azioni eutanasiche nel nostro ordinamento giuridico non entusiasma i medici, anzi, si ritiene che essa possa compromettere le basi stesse della democrazia e del bene comune e alterare i principi di solidarietà e di giustizia da riservare alle persone più fragili. Insistiamo affinché lo Stato non giunga mai a negare forme di assistenza e tutela a malati cronici, anziani, disabili, malati di mente, ecc., avvalorando forme di eutanasia sociale o selezione dei fragili e dei deboli.

I medici cattolici ritengono che l’intera problematica del fine vita con tutti i suoi aspetti umani, personali e familiari, etici e giuridici, politici e legislativi, rappresenti al tempo presente certamente un’opportunità  di dialogo, di confronto, di perfezionamento assistenziale verso l’eubiosia (contrario di eutanasia), cioè buona vita, vera sfida per un rinnovato umanesimo della cura, da riaffermare esaltando quel mirabile impegno personale e professionale, scientifico ed umano, che da sempre contraddistingue l’azione medica nella quotidiana lotta contro la malattia e la mai sufficientemente compresa dignità della vita.

Nel caso di una legge intrinsecamente ingiusta, al medico resterà sempre il dovere di ubbidire alla propria coscienza professionale.

Roma, 18.1.22

 

Il Presidente Nazionale
Prof. Filippo M. Boscia

 

AVVENIRE DEL 28/01/2022

L’eutanasia non è una risposta, la solidarietà competente sì!

BUONE CURE E CURE PALLIATIVE NON SFIDUCIA NELLA SCIENZA

DI FILIPPO M. BOSCIA

 

Caro direttore,

mi preme ribadirlo con forza: il suicidio assistito e l’eutanasia con cui mettere fine a una vita non sono la soluzione, nemmeno nei casi disperati di cui tanto si parla da qualche tempo. Perché lo riaffermo con convinta decisione? Perché giudico tali procedure una sconfitta di ciò che è umano e penso che accettarlo per un medico sarebbe catastrofico. Una simile opzione gli farebbe di continuo pensare al suo lavoro come a un fallimento. Negli ultimi decenni la medicina ha fatto, invece, passi da gigante e molte malattie prima ritenute incurabili oggi sono divenute curabili e guaribili. Questo apre prospettive impensabili anche per i malati gravi. Ecco perché in genere appare oltremodo sbagliato parlare di aspettativa di vita e di fasi inesorabilmente terminali.

Eutanasia e suicidio assistito, oggi come ai tempi di Ippocrate, sono incompatibili con l’attività medica e in contrasto con quei diritti fondamentali di libertà e di coscienza che i medici rivendicano in tutta la loro portata, giuridica e umana, come anche il dovere di cura, così come lo impone il Servizio sanitario nazionale, che prevede, nella sua legge istitutiva, la tutela delle persone deboli e vulnerabili, il diritto alle cure e la salvaguardia della vita.

È importante valutare l’identità e il valore della vita, riconoscerne il limite che le appartiene e la caratterizza, in modo da tutelare e rispettare la vita stessa nella sua totalità, non consentendo a nessuno di modificarla o mortificarla nel suo dispiegarsi cronologico. Occorre pertanto affrontare i temi che riguardano le situazioni di confine nella prospettiva coraggiosa di una solidarietà competente, che aiuti, che sostenga e accompagni coloro i quali sono costretti a vivere situazioni di emarginazione, di sradicamento, di solitudine, situazioni tutte esistenzialmente impegnative.

È indispensabile ridisegnare gli ospedali, affinché in essi non si incontrino solo camici e pigiami, ma le persone che vi si rivolgono siano accolte, abbracciate, prese per mano, confortate con passione, curate con terapie a tutto campo, non azzardate e mai accanite, ma sempre rispettose della dignità umana. Purtroppo la legge sulle cure palliative, unica vera alternativa alle osannate soluzioni mortifere, dopo quasi dodici anni è largamente inapplicata, pur essendo stata promulgata nel rispetto di tre chiarissimi princìpi fondamentali: tutela della dignità e dell’autonomia del malato senza alcuna discriminazione; tutela e promozione della qualità della vita fino al suo termine; adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia. Lei, direttore, lo ha ricordato in dialogo con Marco Cappato, uno dei promotori del referendum sulla legittimazione dell’omicidio del consenziente. E colpisce che in quella circostanza l’esponente dell’Associazione Coscioni le abbia lanciato un invito a un impegno comune per la vera applicazione della legge sulle cure palliative. Non si possono rovesciare le priorità. E questa battaglia di civiltà, condivisibile da tanti, persino da tutti, dovrebbe essere l’unica sensata priorità. La legge 38 del 2010, infatti, è stata disattesa mentre, d’altro canto, nell’organizzazione sanitaria prevaleva la logica economicistica della aziendalizzazione, dimenticando che prima di ogni spinta di razionalizzazione delle cure o di opportunità di guadagno ci sono le inderogabili necessità degli ammalati.

Come medico, e in particolare a nome dei medici cattolici che rappresento, mi considero in trincea contro l’eutanasia e il suicidio assistito e contro ogni abbandono terapeutico. Ai medici non può essere richiesto di causare o provocare la morte. Contro questo maldestro tentativo tantissimi medici, e certamente i medici cattolici, si rifanno al primato della coscienza. Qualunque operatore sanitario che sia indotto o agisca per mettere fine alla vita di una persona tradisce la sua stessa missione di restare accanto al sofferente, indicando, valutando e somministrando caso per caso la proporzionalità delle cure.

Umanità, cura, scienza e competenza devono viaggiare insieme, mai disgiunte, per fare della medicina un’arte che coinvolga mente e cuore, congiungendo conoscenza e compassione, professionalità e pietà, competenza ed empatia.

 

NB: SI INSERISCONO QUI DI SEGUITO I LINK E, IN ALLEGATO, LE COPIE DI TUTTI I RELATIVI ARTICOLI PUBBLICATI SU AVVENIRE, SIR E VATICAN NEWS

 

BOSCIA – Famiglia Cristiana
BOSCIA CURE PALLIATIVE Avvenire_20220128_A03_2-1
MANIFESTO SU AVVENIRE
MANIFESTO SU SIR
MANIFESTO SU VATICAN NEWS
timbro_Comunicazione_urgente_erogazione_prestazioni_di_s
MANIFESTO – IL MEDICO E’ PER LA VITA [14459]
filippo avvenire
filippo intervista (1)
SENTENZA REFERENDUM